Il 1° maggio del
1891 il governo francese fece reprimere una manifestazione a Fourmies con l'uso
delle armi, 14 persone furono uccise e 40 ferite. Nello stesso giorno a Clichy
la polizia arrestò alcuni anarchici che avevano usato delle armi, furono
condannati a lunghe detenzioni e ai lavori forzati.
Per vendetta,
l'11 marzo del 1892 Ravachol mise una bomba nella casa del giudice di Clichy e
il 27 marzo in casa del procuratore. Nello stesso mese organizzò un attentato
presso una caserma di Parigi. Gli attentati provocarono grossi danni ma non
fecero vittime.
Ravachol fu
riconosciuto dal proprietario di un ristorante nel quale si trovava e
arrestato. Fu condannato ai lavori forzati a vita ma due mesi più tardi il
processo passò al tribunale di Montbrison dove era stato accusato di omicidio e
la condanna fu trasformata in condanna a morte per ghigliottinamento.
Questa la dichiarazioni davanti ai giudici di Francois Claudius
Koenigstein, detto Ravachol:
“Se prendo la parola, non é per difendermi degli atti di cui mi
si accusa, poiché solo la società che, con la sua organizzazione, mette gli
uomini in continua lotta gli uni contro gli altri, é responsabile. E in
effetti, non vediamo in tutte le classi, in tutti gli ambienti, persone che
desiderano, non dico la morte, poiché suonerebbe male all'orecchio, ma la
disgrazia dei loro simili se questa può procurare loro dei vantaggi?
Esempio: un padrone non si augura di veder sparire un concorrente?
Tutti i commercianti, in generale, non vorrebbero, reciprocamente, essere i
soli a godere i vantaggi che possono venire dalla propria industria?
L'operaio senza impiego non sogna, per ottenere del lavoro che, per
un qualsiasi motivo, colui che é occupato venga licenziato?
Ebbene, in una società dove si producono simili fatti non devono
sorprendere atti come quelli che mi si rimproverano, i quali non sono altro che
la logica conseguenza della lotta per l'esistenza tra gli uomini che per vivere
sono obbligati ad impiegare tutti i mezzi possibili. Dal momento che ciascuno
deve pensare a sé, colui che si trova nella necessità deve agire. Ebbene!
Poiché così é, quando ho avuto fame non ho esitato ad impiegare i mezzi che
erano a mia disposizione a rischio di fare delle vittime.
Quando i padroni licenziano gli operai si preoccupano poco di
vederli morire di fame.
Tutti coloro che hanno il superfluo, si interessano di chi manca
delle cose necessarie? Vi sono alcuni che danno qualche aiuto, ma sono
impotenti a sollevare tutti coloro che si trovano in stato di necessità e che
muoiono prematuramente in seguito a privazioni di ogni tipo, o volontariamente
suicidandosi in ogni modo per porre fine ad un'esistenza miserabile o per non
aver potuto sopportare i rigori della fame, le onte delle innumerevoli
umiliazioni senza alcuna speranza di vederli finire. Così come hanno fatto la
famiglia Hayem e la signora Soufrein che hanno dato la morte ai loro figli per
non vederli ancora patire la fame.
E tutte quelle donne che, nel timore di non poter dare da mangiare
ai loro figli, non esitano a compromettere la loro salute e la loro vita
distruggendo nel loro seno i frutti del loro amore!
Ebbene! tutto questo accade in mezzo all'abbondanza di ogni tipo di
prodotto. Si capirebbe se tutto questo avesse luogo in un paese povero di
prodotti, dove vi é carestia; ma in Francia, dove regna l'abbondanza, dove le
macellerie sono stracolme di carni, i panifici di pane, dove i vestiti e le
scarpe riempiono i magazzini; dove vi sono appartamenti vuoti, come ammettere
che nella società tutto va bene quando si vede così bene il contrario? Vi sono
persone che piangono tutte queste vittime ma dicono che non é possibile far
niente! Che ognuno se la sbrogli come può! Cosa può fare colui che, pur
lavorando, manca del necessario? Se non lavora, non gli resta che lasciarsi
morire di fame, e allora qualcuno getterà qualche parola di pietà sul suo
cadavere. Ecco ciò che ho voluto lasciare ad altri. Ho preferito diventare
contrabbandiere, falsario, ladro e omicida!
Avrei potuto mendicare, ciò é degradante e vigliacco ed é anche
punito dalle vostre leggi che fanno della miseria un delitto.
Se tutti i bisognosi, invece di aspettare, prendessero dove ce n'é e
con qualsiasi mezzo, forse i benestanti comprenderebbero più in fretta che é
pericoloso voler conservare l'attuale stato sociale in cui l'inquietudine é
permanente e la vita é in ogni istante minacciata; finirebbero senza dubbio per
comprendere che gli anarchici hanno ragione quando dicono che, per avere la
tranquillità morale e fisica, bisogna distruggere le cause che producono il
crimine e i criminali. Non é sopprimendo colui che preferisce afferrare con
violenza ciò che gli serve per assicurarsi il benessere, piuttosto che morire
di una morte lenta dovuta alle privazioni che sopporta, o che dovrebbe sopportare
senza speranza di vederle finire (se ha un poco di energia). Dopo tutto la fine
della propria vita non é altro che una fine delle sofferenze.
Ecco perché ho commesso gli atti che mi si rimproverano e che sono
la conseguenza logica dello stato barbaro di una società che non fa altro che
accrescere il numero delle sue vittime col rigore delle sue leggi che
intervengono sugli effetti senza mai toccare le cause!
Si dice che bisogna essere crudeli per ammazzare un proprio simile: ma coloro che parlano così non vedono che lo si fa per evitare che lo facciano a noi stessi! Anche voi, signori giurati, senza dubbio mi condannerete a morte perché ritenete che sia una necessità e che la mia scomparsa sarà una soddisfazione per voi che avete orrore di veder scorrere il sangue umano; ma quando credete che sia utile versarlo per assicurare la vostra esistenza, non esitate più di me a farlo. Con questa differenza, che voi lo farete senza alcun pericolo, al contrario di me che agivo a rischio e pericolo della mia libertà e della mia vita.
Si dice che bisogna essere crudeli per ammazzare un proprio simile: ma coloro che parlano così non vedono che lo si fa per evitare che lo facciano a noi stessi! Anche voi, signori giurati, senza dubbio mi condannerete a morte perché ritenete che sia una necessità e che la mia scomparsa sarà una soddisfazione per voi che avete orrore di veder scorrere il sangue umano; ma quando credete che sia utile versarlo per assicurare la vostra esistenza, non esitate più di me a farlo. Con questa differenza, che voi lo farete senza alcun pericolo, al contrario di me che agivo a rischio e pericolo della mia libertà e della mia vita.
Ebbene, signori, non vi sono criminali da giudicare ma le cause del
crimine da distruggere. Creando gli articoli del Codice, i legislatori hanno
dimenticato che non attaccavano le cause ma semplicemente gli effetti e che in
tal modo non distruggevano affatto il crimine. In verità, esistendo sempre le
cause, scaturiranno sempre effetti e si avranno sempre dei criminali, poiché
oggi ne distruggete uno ma domani ne nasceranno due.
Cosa bisogna fare allora?
Distruggere la miseria, questo genio del crimine, assicurando a
ciascuno la soddisfazione di tutti i propri bisogni.
E quanto sarebbe facile realizzarlo. Bisognerebbe stabilire la
società su nuove basi in cui tutto fosse in comune, in cui ciascuno producendo
secondo le proprie possibilità e le proprie forze, potesse consumare secondo i
propri bisogni.
Allora gli inventori, avendo tutto a loro disposizione, creerebbero
delle meraviglie per fare in modo che i lavori che ci sembrano penosi o
ripugnanti diventino una distrazione o un passatempo. Allora non vi sarebbe più
quell'inquietudine per il domani che é un continuo tormento per l'operaio e
anche per il padrone, per tutti. Non si vedrebbe più gente, come l'eremita di
Nostra Signora delle Grazie ed altri, mendicare un metallo del quale diviene la
schiava e la vittima!
Non si vedrebbero più donne vendere il proprio corpo come una
volgare merce, in cambio di quello stesso metallo che molto spesso ci impedisce
di capire se l'affetto é veramente sincero!
Non si vedrebbero più uomini come Pranzini Prado e Anastay, pur
adolescenti che, sempre per avere questo metallo, arrivano ad uccidere.
Tutto questo dimostra chiaramente che la causa di tutti i crimini é
sempre la stessa; che bisogna veramente essere stupidi per non vederla!
Sì, lo ripeto, é la società che fa i criminali. E voi giurati,
invece di colpire loro, dovreste impiegare le vostre forze a trasformare la
società.
Di colpo sopprimereste tutti i crimini e la vostra opera, attaccando
le cause, sarebbe più grande e più feconda di quanto non lo sia la vostra
giustizia che si limita a colpire gli effetti.
Io sono solo un operaio senza istruzione ma, avendo vissuto
l'esistenza dei miserabili, sento meglio di un ricco borghese l'iniquità delle
leggi repressive.
Dove prendete il diritto di uccidere o di rinchiudere un uomo che,
messo sulla terra con la necessità di vivere, si é trovato nella necessità di
prendere ciò che gli era necessario?
Ho lavorato per vivere e far vivere i miei, tanto che io e i miei
non abbiamo troppo sofferto, sono rimasto quello che voi chiamate onesto. Poi
il lavoro é mancato e con la disoccupazione é venuta anche la fame!
Fu allora che questa grande legge della natura, questa voce
imperiosa che non ammette repliche, l'istinto di conservazione, mi spinse a
commettere i crimini e i delitti di cui mi riconosco l'autore.
Nego di aver commesso quelli della Varizelle [Ravachol era stato
anche incolpato di omicidio volontario nella persona di Jean Rivolier abitante
a La Varizelle, ndr] e delle signore Marcon [due donne trovate uccise a
Saint-Etienne, ndr] poiché ne sono completamente estraneo e voglio evitare alla
vostra coscienza i rimorsi di un errore giudiziario.
Giudicatemi, signori giurati e, se mi avete compreso, nel giudicarmi
giudicate tutti i disgraziati che la miseria, alleata alla fierezza naturale,
ha fatto diventare criminali e che in una società intelligente sarebbero state
persone come tutte le altre”.