Passare,
cogliendo l'impressione, gustando nuove sensazioni e nuovi sapori; e poi
rimettersi di nuovo in marcia, sempre! Magari verso qualche terra
irraggiungibile. Nomade, pellegrino, vagabondo, in esplorazione, alla
conquista; insoddisfatta come don Giovanni con un amore più importante: la
veste che si vuole lacerare è una vela all'orizzonte.”
Zo D'Axa “Da Mazas a Gerusalemme”
Una
caratteristica dell'individuo refrattario è la propensione al viaggio, al
movimento continuo, alla camminata solitaria; un piacere inesauribile che lo
spinge a valicare sempre nuovi confini. L'individuo errante non si accontenta
di raggiungere territori inesplorati, vuole oltrepassare perennemente
l'orizzonte, conoscere il vivente e assaporarne la più intima essenza.
Vagabondo del pensiero, percorre i vasti spazi della conoscenza, della fantasia
e del sogno; nomade instancabile, affronta l'esistente frantumando le barriere
che il dominio erige per limitare la sua libertà e per opprimerlo. L'io errante
demolisce anche quelle mura che la società autoritaria si è costruita per
difendersi dalle proprie paure, dalle ossessioni dell'ignoto e soprattutto
della libertà. Miliardi di persone si rifugiano nella rassegnazione,
nell'abitudine servile, nell'accettazione inconfutabile del potere. Le catene
dello sfruttamento vengono ritenute indispensabili strumenti della
sopravvivenza. La cultura della schiavitù viene trasmessa geneticamente ai
figli e alle future generazioni. Secondo la mentalità gerarchica dell'umanità
il vivente non può fare a meno della gigantesca gabbia in cui e rinchiuso.
L'errante irrefrenabile non tollera l'esistenza di questa e lotta strenuamente
per distruggerla e liberare se stesso e quegli individui che vogliono
percorrere gli spazi aperti, manifestare le proprie potenzialità. L'errante è
un indesiderato, un bandito (nel senso etimologico del termine), un sovversivo
perché il suo pensiero e la sua azione suscitano l'indomabile fiamma della
rivolta; fin dalla nascita egli ricalcitra contro le convenzioni della famiglia
e dell'ambiente sociale, disprezza la scuola, la religione, le mode, il sistema
economico e il denaro, così anche tutte le leggi e i luoghi della costrizione.
Il nomade rifugge il lavoro salariato, preferisce rinunciare a tutti i falsi
beni di consumo piuttosto che piegare miseramente la schiena sotto un padrone,
ignora i miti e i modelli che la società costruisce per alleviare la sofferenza
della propria prigionia. Uno di questi, la tecnologia, la considera un
organismo artificiale che pretende di sostituirsi al vivente e al contempo lo
distrugge.
L'individuo
errante preferisce relazionarsi con l`altro in maniera diretta. autentica,
rifiutando la mediazione tecnica e la comunicazione virtuale. L'indomito
vagabondo non si adegua alla civiltà, la sente profondamente estranea; il suo
costante e inesausto peregrinare gli evita di cadere nella sua rete mortale _
L'errante sfugge ad ogni definizione, è inclassificabile agli schemi e alle
catalogazioni che il potere (e in generale gli uomini) utilizzano per studiare
e sfruttare il pianeta, è imprevedibile. L`io nomade nella propria mobilità
esistenziale vive il presente intensamente, non pensa al passato e non si cura
del futuro, si autocrea nell'attimo, gode l’immediato; egli non ha una patria e
non desidera vivere a lungo in una città o in un altro luogo. La mani voraci
del dominio che cercano di ghermirlo, di arrestarlo e di sottometterlo alla
fine rimarranno vuote. L'errante è inafferrabile.