Milano, 12 maggio 1977; mentre a Roma le
forze speciali infiltrate di Kossiga sparano ai manifestanti di Piazza Navona e
uccidono Giorgiana Masi, il sostituto procuratore della Repubblica Luigi
De Liguori ordina l'arresto di alcune persone, tra le quali due noti avvocati
di Soccorso Rosso, Giovanni (Nanni) Cappelli e Sergio Spazzali. L'imputazione
più grave nei loro confronti è quella di promozione di associazione sovversiva.
I gruppi della sinistra extraparlamentare e i collettivi dell'area
dell'autonomia indicono per il pomeriggio del 14 maggio una manifestazione
contro la repressione.
La mattina del 14 maggio i quattro
referenti dei servizi d'ordine delle diverse anime dell'Autonomia milanese si
riuniscono alla Statale per valutare le azioni di piazza. Ci sono Pietro
Mancini (Piero), Raffaele Ventura (Coz) e Maurizio Gibertini (Gibo) per il
gruppo che si riuniva intorno alla rivista "Rosso", Oreste Scalzone
per i gruppi vicini a Potere Operaio, Andrea Bellini per il
"Casoretto" e infine una delegazione del partito marxista-leninista.
Si decide per un corteo duro, che ad un certo punto si stacchi dai gruppi della
sinistra extraparlamentare (Democrazia Proletaria in testa) per proseguire
intorno al carcere di San Vittore e portare la solidarietà agli avvocati
arrestati due giorni prima. Un corteo "duro", questo si, ma che non
preordina in alcun modo uno scontro a fuoco con la polizia, né alcuna altra
provocazione. Niente molotov, né spranghe, né fionde e neanche sassi, niente di
niente. Ai primi disordini si abbandona il corteo, l'accordo è questo.
La sera prima però, anche la componente
armata del collettivo Romana-Vittoria, composta da Marco Barbone, Enrico Pasini
Gatti, Giuseppe Memeo, Marco Ferrandi, Luca Colombo e Giancarlo De Silvestri si
riunisce per definire il piano per la manifestazione del giorno successivo.
Bisogna provocare la polizia nei pressi di San Vittore, sciogliere il corteo
per poi ricomporlo nella zona di Porta Genova, da presidiare militarmente il
più a lungo possibile. Il Romana-Vittoria aprirà il corteo.
Il corteo parte alle 16,45 da piazza
Santo Stefano, i partecipanti sono più di 10.000. All'incrocio via San
Vittore-Via Olona lo spezzone dell'autonomia, composto da circa 1000
manifestanti, abbandona il troncone principale come previsto. Cominciano subito
gli slogan: "Da San Vittore all'Ucciardone, un solo grido: evasione",
"Carabiniere, sbirro maledetto, te l'accendiamo noi la fiamma sul
berretto".
Ad un certo punto la colonna di polizia
(fino a quel momento tenutasi molto distante dal corteo) del III reparto Celere
si schiera in assetto di ordine pubblico (un cordone di scudi e un secondo con
i lancia-lacrimogeni) all'angolo tra via Olona e via De Amicis. Dopo un breve
consulto, la squadra armata di Romana-Vittoria decide per l'attacco, e forza
facilmente i cordoni di contenimento capeggiati da Bellini e Scalzone,
accortisi di quanto stava per accadere.
S'alza un grido secco: "Romana
fuori!" seguito da un successivo: "Sparare!". Nel giro di un
solo minuto Ferrandi, Memeo, Barbone, Pasini Gatti, De Silvestri e Colombo,
accostati da alcuni studenti del Cattaneo armati di molotov, dal collettivo di
Viale Puglie e dal collettivo Barona ingaggiano un violento scontro a fuoco con
le forze dell'ordine, durante il quale rimane ferito a morte il vicebrigadiere
Custra. Altri due agenti vengono lievemente feriti, mentre un passante, Marzio
Golinelli, perde un occhio e un'altra passante, Patrizia Roveri, viene ferita
in maniera non grave al capo.
Via De Amicis è oscurata dal fumo dei
lacrimogeni, delle molotov e della carcassa del filobus 96 dato alle fiamme.
Tutti coloro che si erano inoltrati nella strada raggiungono di corsa via
Carducci dove alcuni manifestanti stanno improvvisando una barricata con del
materiale edile di un cantiere.
La sera del 14 nell'abitazione di
Colombo si riuniscono alcuni dirigenti di Rosso a confronto con Ferrandi,
Barbone, Memeo, Pasini Gatti, Colombo e De Silvestri. La notizia che l'agente
Custra è clinicamente morto è stata diffusa radiogiornali e dai telegiornali. I
dirigenti di Rosso si rendono disponibili a fornire soldi e documenti falsi per
il prudenziale allontanamento di Pasini Gatti, Ferrandi e di tre studenti del
Cattaneo. Ne nasce poi un violento diverbio tra Mancini, molto critico rispetto
all'azione della Romana-Vittoria, e Alunni, che invece ne prende la difesa. In
seguito a questo e ad altri personali contrasti, nel mese di luglio Alunni,
Marocco, Ricciardi, Barbone, Colombo, De Silvestri daranno vita, con altri e
altre militanti, alle Formazioni Comuniste Combattenti. In seguito, Ferrandi aderirà
a Prima Linea; Memeo ai Proletari armati per il comunismo; Pasini Gatti alla
Brigata Antonio Lo Muscio.
Durante il processo per i fatti del 14
maggio, gli imputati Ferrandi, Barbone e Pasini Gatti si presenteranno col
profilo, già assunto al momento dell'arresto, dei cosiddetti
"pentiti".