Venerdì 2 giugno
manifestazione
antimilitarista
ore 15,30 piazza
Statuto - Torino
Contro il
business delle armi
Contro la guerra
ai poveri, il daspo urbano, i militari nel Mediterraneo e nelle nostre periferie
Contro tutti gli
eserciti! Per un mondo senza frontiere, eserciti, sfruttamento, dominio
L'Italia è in
guerra. A pochi passi dalle nostre case si producono e si testano le armi
impiegate nelle guerre di ogni dove.
Le usano le
truppe italiane nelle missioni di "pace" all'estero, le vendono le
industrie italiane ai paesi in guerra. Queste armi hanno ucciso milioni di
persone, distrutto città e villaggi, avvelenato irrimediabilmente interi
territori.
All'Alenia di
Caselle Torinese oltre ad un nuovo lotto di cacciabombardieri Eurofighter, da
quest'anno produrranno anche droni da combattimento.
La spesa di
guerra è 68 milioni di euro al giorno. Pensateci quando aspettate sei mesi una
visita specialistica. Pensateci quando aspettate da decine di minuti l'autobus.
L'Italia è in
guerra. Truppe italiane sono in Afganistan, in Iraq, in Val Susa, nel
Mediterraneo e nelle strade delle nostre periferie, dove i nemici sono i
poveri, gli immigrati, i senza casa, chi si oppone ad un ordine sociale feroce.
Il ministro
dell'Interno Minniti ha promosso una legge sulla sicurezza urbana che prevede
il daspo, il divieto ai senza casa, senza lavoro, senza documenti di vivere in
certi quartieri. Un nuovo capitolo della guerra ai poveri, che saranno puniti
perché dormono su una panchina o occupano una casa.
Ogni giorno
qualcuno muore nel Mediterraneo. Nei prossimi mesi ne moriranno di più: il
governo ha deciso di mettere sotto controllo le navi dei volontari che
assistono i migranti sui barconi. Presto guardia costiera e militari imporranno
la loro presenza sulle imbarcazioni. A chi non ci sta verrà vietato di
approdare in Italia.
L'Italia è in
guerra. Ma il silenzio è assordante.
La retorica
sulla sicurezza alimenta l'identificazione del nemico con il povero, mira a
spezzare la solidarietà tra gli oppressi, perché non si alleino contro chi li
opprime.
La retorica
della sicurezza alimenta l'immaginario della guerra di civiltà, della paura
della jihad globale, mentre il governo italiano è alleato di paesi che
finanziano chi semina il terrore.
Chi promuove
guerre in nome dell'umanità paga il governo libico e quello turco, e presto
anche quelli di Niger e Ciad, perché i profughi vengano respinti e deportati.
Il silenzio è
assordante. Il pensiero sulla sicurezza - lo stesso a destra come a sinistra -
sembra aver paralizzato l'opposizione alla guerra, al militarismo, alla
solidarietà a chi fugge persecuzioni e bombe.
Nel silenzio dei
più c'è chi decide di mettersi di traverso, di sabotare le antenne assassine di
Niscemi, di battersi contro le fabbriche d'armi, di fermare le esercitazioni di
guerra, di aprire ed abbattere le frontiere, di gridare forte il proprio
disgusto per la patria e il nazionalismo.
Per fermare la
guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre
città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari,
aeroporti, fabbriche d'armi, uomini armati per le strade.