La strage di
Portella della Ginestra rappresenta uno snodo importante nella storia della
Sicilia e dell’Italia del Dopoguerra,tanto che può considerarsi il primo
episodio della strategia della tensione della Repubblica.
La mattina
del 1º maggio 1947 a Portella della Ginestra furono falciate 11 persone.
Sott’accusa finirono gli agrari, la mafia e la banda Giuliano, che, con la
copertura dello Stato e della politica, non avevano esitato a sparare sulla folla
inerme.
Quella mattina del 1° maggio 1947, il piano di Portella della
Ginestra traboccava di contadini di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e
San Cipirello. Erano lì, con le loro famiglie, per passare una giornata in
allegria, per ricordare la festa del lavoro. Una festa "politica", a
cui li aveva abituati il medico socialista di Piana degli Albanesi, Nicola
Barbato, mitico capo dei fasci contadini di fine ’800. Era stato lui, circa 60
anni prima, ad "inventare" questo raduno popolare, per parlare delle
conquiste del lavoro. Il ventennio fascista aveva interrotto quell’appuntamento
annuale, ma, adesso, dopo la Liberazione e la nascita della Repubblica, i
contadini erano di nuovo lì, attorno al "sasso" di Barbato, per
riprendere il loro cammino e sognare "il riscatto del lavoro".
Avevano le bandiere rosse e tanta voglia di battere la miseria e la povertà, in
cui li costringevano a vivere gli agrari e i gabelloti mafiosi. Tra l’altro,
quel giorno, avevano un motivo in più per festeggiare. Appena dieci giorni
prima - il 20 aprile 1947 - la lista del Blocco del Popolo, composta da
comunisti e socialisti, aveva ottenuto un successo storico nelle prime elezioni
per l’Assemblea Regionale Siciliana, conquistando 567.392 (29,13%), contro i
399.860 (20,52%) della DC.
Erano quasi le dieci e gli altoparlanti annunciavano l’imminente
arrivo dell’oratore che avrebbe parlato ai contadini e alle loro famiglie.
C’era molta attesa per il comizio che si sarebbe svolto da lì a qualche minuto.
Nell’attesa, Giacomo Schirò, segretario della sezione socialista di San
Giuseppe Jato, salì sul "sasso" di Barbato, coperto di bandiere
rosse, e iniziò a parlare. All’improvviso dei rumori sordi: Ta-pum... ta-pum...
ta-pum. I contadini guardarono il cielo ridendo: "I giochi d’artificio...
i giochi d’artificio... è cominciata la festa!". Ma non era la festa,
erano colpi di armi da fuoco, sparati ad altezza d’uomo. Sicuramente di mitra,
forse anche lo scoppio di qualche granata... il finimondo. Urla, pianti, gente
che fugge, muli imbizzarriti. Infine, decine di corpi straziati per terra:
undici morti e ventisette feriti. Fu una strage, passata poi alla storia come
la strage di Portella della Ginestra. In poche ore, la tragedia di Portella
fece il giro d’Italia. E l’Italia intera rimase sbigottita. In un angolo del
cuore interno della Sicilia, a sangue freddo, erano stati assassinati uomini,
donne e bambini. Un fatto inaudito, intollerabile. Tutti i leader della
sinistra arrivarono a Piana, a San Giuseppe, a San Cipirello. Il 3 maggio fu proclamato
lo sciopero generale nazionale, con una imponente manifestazione a Palermo,
fioccarono le interrogazioni parlamentari.
Sott’accusa finirono gli agrari, la mafia e la banda Giuliano, che,
con la copertura politica di "pezzi" dello Stato e della politica,
non avevano esitato a sparare sulla folla inerme, pur di bloccare le lotte
contadine e l’avanzata della sinistra. A minimizzare l’accaduto, nella seduta
del 9 maggio 1947 dell’Assemblea Costituente, pensò il ministro degli interni,
Mario Scelba: "Non c’é movente
politico. Trattasi di un episodio fortunatamente circoscritto, maturato in una
zona fortunatamente ristretta le cui condizioni sono assolutamente singolari".
Scelba mentiva. Sapeva benissimo delle trame siciliane e, in qualche modo, era
pure uno degli artefici. Tra l’altro, la violenza contro i contadini e la
sinistra politica e sindacale non si fermò a Portella. Infatti, scrive Umberto
Santino nella "Storia del movimento
antimafia" (Editori Riuniti, Roma 2009): "L’8 maggio 1947 a Partinico venne ucciso il contadino Michelangelo
Salvia. Il 22 giugno si ha una serie di attentati con bombe e colpi di arma da
fuoco contro le sezioni comuniste di Partinico, Borgetto e Cinisi, alle sedi
della Camera del lavoro di Carini e San Giuseppe Jato e alla sezione socialista
di Monreale. A Partinico ci sono due morti: Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo
Jacono". Nel 1949, al processo di Viterbo, furono soltanto Salvatore
Giuliano «il Re di Montelepre» e la sua banda ad essere condannati quali
esecutori dell’orrenda strage di Portella della Ginestra. Troppo poco.
Durante un’udienza Gaspare Pisciotta aveva lanciato una terribile
accusa: "Furono Marchesano, il
principe Alliata, l’onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella della
Ginestra… Prima del massacro incontrarono Giuliano…". Ma non si riuscì
mai a provarlo.