È morto, non v’è più dubbio. Ucciso o
suicidato, non importa; è un’altra vittima che si aggiunge a quelle altre già
innumerevoli cagionate dal regime capitalista-autoritario, che uccide per
anemia e per pletora, per fatica e per ozio, per amore e per odio, per esser
buono e per esser malvagio; che uccide nelle fabbriche, nelle miniere e nei
cantieri, negli immondi tuguri e nel rigagnolo della via, nei quartieri e nelle
carceri; sui campi di battaglia e nelle feste della pace; in alto mare e in
terra ferma.
A milioni periscono tutti i giorni nel
mondo, esseri che vivrebbero più lungamente se in un altro modo e con altri
principi si reggessero gli uomini.
E Bresci è morto nel fondo di una
segreta, senza poter vedere i suoi compagni, né le sue bambine, nessuna persona
cara, per aver voluto salvare la vita a milioni di esseri che tutti i giorni
muoiono inutilmente e oscuramente.
Se gli fosse stato possibile, di questo
ne siamo certi, al mondo tutto avrebbe fatto sapere ch’egli uccise e si fece
uccidere, non solo per aver salvato molte vite, ma anche per rendere felice la
vita a tutti, perché a nessuno mancasse il pane, il pane per lo stomaco e
l’intelletto. Questo egli voleva, questo desiderava, con una potenza tale che,
tranquillo, soddisfatto, gaudente, diede in olocausto la sua esistenza, vale a
dire quanto può dare un uomo.
Specchiamoci nella sua grande e limpida
figura. Siamo con lui energici, tenaci, decisi; diamo, come lui, quando
possiamo, anche la vita, per abbattere la Tirannia, lo Sfruttamento e la
Menzogna.
Questa è certamente la vendetta che lui
voleva. Vendichiamolo così!
Da “La Questione
Sociale” di Peterson, 8 giugno 1901