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giovedì 22 aprile 2021

150 anni fa … Riflessioni sulla Comune (parte 1)

 

I parigini avevano preso sul serio la montatura patriottica sciorinata da Naopeone III; l'idea della patria era divenuta per il popolo come una seconda religione, mentre per la borghesia rappresentava un affare. Il popolo era pronto a dare per la patria l'unico suo avere, la vita! Ma i borghesi non vollero dare per la patria né la vita, né la loro ricchezza! Parole come armistizio, capitolazione, pace … il popolo, che voleva vincere o morire, non poteva comprenderle! La borghesia invece volle salvarsi e si salvò, passando sulla mutilazione della Francia e sul cadavere del popolo massacrato dalle stesse sue armi fratricide a Parigi!

Il popolo di Parigi si accorse ben tardi che i suoi nemici mortali non erano i prussiani, ma i versagliesi e tutto il suo eroismo, che disciplinato contro gli eserciti teutonici avrebbe portato la Francia alla vittoria, si infranse contro le vili falangi dei generali inoperosi e deboli contro i prussiani, ma tenaci ed energici fino alla più assurda brutalità contro i parigini in rivolta. Quando il popolo di Parigi si vide tradito dai dominatori prima dell'Impero, poi della repubblica borghese di Thiers, non ebbe più freni e come un torrente infuriato inondò, distrusse disperse quanti erano stati causa delle sue sventure, dando vita così ad uno dei momenti più alti, se non il più alto in assoluto della storia dell’umanità: la Comune di Parigi del 1871.

Sono passati da allora quasi 150 anni, ebbene, quale governo ha abolito, come appunto abolì la Comune, il lavoro notturno? Quale concede pensioni a vedove e orfani di guerra, indipendentemente dal fatto che il caduto fosse legalmente sposato o no? Dove si invitano gli operai a tenere corsi ai ragazzi a scuola?

Era il tempo in cui i figli dei poveri già a sei anni entravano in fabbrica per lavorare fino a 16 ore al giorno: e la Comune stabilì l'istruzione obbligatoria e gratuita per tutti. Era il tempo di elezioni (quando c'erano) ristrette a pochi, e la Comune le estese a tutti, dando inoltre al popolo la facoltà di revoca d'ogni carica elettiva. Era il tempo in cui si pensava che le donne, eccezion fatta per le puttane di lusso, mogli e amanti dei grandi personaggi, dovevano nella migliore delle ipotesi restarsene a casa a fare la calza, nella peggiore macerarsi in fabbrica quanto gli uomini con minor paga perché più «deboli». Ebbene, un corrispondente del «Times», parlando delle donne della Comune, commentò: «Se tutta la Francia fosse composta di queste donne, che grande nazione sarebbe». Le troviamo dappertutto: a scuola, negli ospedali, nei circoli politici, sulle barricate. “Vivere libere col fucile, o morire combattendo”, era il loro motto. Quante di esse sono cadute nella difesa della Comune? Il loro numero non è meno elevato di quello degli uomini. All'ufficiale di Versailles, che sta per spararle perché ha ucciso dei soldati, una popolana risponde: «Dio mi punisca per non averne ammazzati di più».

Il decreto sulle officine inattive presentato dal commissario Avrial il 16 aprile, quello che in seguito della «vile fuga» di alcuni proprietari di officine erano cessate molte attività necessarie alla vita della Comune con una grave minaccia alle risorse vitali degli operai, fu di una importanza inaudita, esso fu un passo effettivo verso la rivoluzione sociale, per la prima volta nella storia si requisirono le fabbriche abbandonate e furono affidate a cooperative di lavoratori che ne poterono curare la gestione, fu un esempio pratico di autogestione.

La Comune condonò alcune rate delle pigioni e prorogò di tre anni, senza interessi, il pagamento di tutte le cambiali; parecchi decreti, che andavano dall'apertura di uffici di collocamento comunali alla stipulazione di contratti collettivi, anticiparono la moderna legislazione del lavoro ma rimasero, per forza di cose (72 giorni furono pochi per realizzare tutto), allo stato di virtualità.

La Comune aveva abolito per prima cosa gli alti onorari, molti operai si seppero improvvisare impiegati e ricoprirono il nuovo incarico con grande zelo e competenza. Un operaio cesellatore in bronzo, Albert Frédéric Theisz, il 26 marzo, alla nascita della Comune, fu eletto al Consiglio della Comune e fece parte della Commissione Lavoro e Scambio, il 5 aprile divenne direttore delle poste, trovò un servizio quasi inesistente, disorganizzato, con i valori rubati. Riunì tutti i dipendenti rimasti, li arringò, e li convinse a passare alla Comune; in breve la levata delle lettere e la consegna fu ristabilita in tutta la città, si arrivò anche a far partire la corrispondenza per la provincia a mezzo di agenti abili e coraggiosi; nonostante ciò non esitò a ritornare a combattere con ardore sulle barricate durante la Settimana sanguinante. Sfuggì alla repressione versagliese rifugiandosi a Londra, dove lavorò come operaio e fece parte del Consiglio generale dell’Internazionale. Tornò a Parigi grazie all’amnistia del 1880, dove morì il 10 gennaio 1881. È sepolto al cimitero di Père Lachaise.

Lo steso avvenne alla zecca dove Zéphirin Rémy Camélinat, un operaio anarchico montatore in bronzo, cesellatore nelle decorazioni dell’Operà e amico di Proudhon, aderente alla Guardia Nazionale durante l’assedio di Parigi, il 3 aprile fu nominato direttore della Zecca e per mandare avanti la baracca fece coniare nuove monete da 5 franchi con l’argento dell’argenteria che si requisì. Anche lui si ributtò anima e cuore sulle barricate durante la Settimana sanguinante ed evitò la repressione versagliese rifugiandosi in Inghilterra, mentre la corte marziale lo condannava alla deportazione.

François Jourde, impiegato in uno studio notarile ed eletto il 26 marzo al Consiglio della Comune del 5° arrondissement, il 29 dello stesso mese assunse la funzione di commissario delle finanze, riuscì a presentare un bilancio talmente preciso, oltre che attivo, da costituire un vero gioiello d’amministrazione ed un’eccezione in materia di bilanci pubblici; nella relazione al bilancio lo stato delle finanze della Comune era giudicato florido. In questo lavoro venne assistito da Eugène Varlin: rilegatore, anarchico proudhoniano, morto il 28 maggio quando ogni resistenza era ormai cessata, fu riconosciuto da un prete in rue Lafayette e segnalato ai soldati di Versailles che prima lo linciarono e poi lo fucilarono. Gli scrupoli legalitari di Jourde impedirono di confiscare i fondi della Banca di Francia, indebolendo l’azione della Comune contro il governo di Thiers. Fu lui l’autore del decreto che accordava una pensione alle donne, sposate o meno, delle guardie nazionali cadute in combattimento. Arrestato dal governo di Versailles il 30 maggio, fu condannato il 2 settembre alla deportazione nella Nuova Caledonia dove giunse nel novembre del 1872. Nella colonia penale di Nouméa lavorò come contabile e fondò l’«Union», società di mutuo soccorso ai deportati. Evase il 21 marzo del 1874, raggiunse l’Inghilterra, partecipò ad una sottoscrizione per i Comunardi vittime della repressione. Tornò da Londra in Francia con l’amnistia del 1880, senza più occuparsi di politica.