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sabato 24 aprile 2021

Giuseppe Ruzza, anarchico, antifascista, partigiano

Giuseppe Ruzza, nato ad Adria (Rovigo) il 6 maggio 1923, si avvicinò giovanissimo al movimento anarchico.

Nel 1940 costituisce nella sua città natale, insieme ad altri giovani, ugualmente insofferenti della situazione in cui erano costretti a vivere, il gruppo antifascista «Gioventù Italia Libera» che compie svariate scritte sui muri e diversi volantinaggi clandestini incitanti alla rivolta contro il fascismo e Mussolini.. “Fra il 1940 e il 1943, ricorda Giuseppe, stampammo a mano migliaia di volantini che lasciammo nelle strade della città e facemmo numerose scritte sui muri con legna bruciata (carbonella). Non fummo mai scoperti, nonostante la caccia spietata che ci fecero”.

Nel settembre 1943, viene arruolato nella RSI, ma rifiuta e sceglie di fare il partigiano in provincia di Udine. Catturato in data imprecisata e ristretto nel carcere «Paolotti» di Padova, Giuseppe viene successivamente trasferito provvisoriamente a Novara, ma con destinazione finale un campo di lavoro in Germania. Nel giugno 1944, con altri due, riesce a fuggire e, dopo tre giorni di viaggio, giunge a Borgosesia nel periodo in cui si stava preparando, da parte partigiana, l’occupazione dell’intera Valsesia

Unitosi alla Resistenza in Valsesia come partigiano (il suo nome di battaglia era «Ciò Digo», pseudonimo: Vincenzo Della Valle) prima nella 82° Brigata Garibaldi «Giuseppe Osella» poi nella 84° Brigata Garibaldi «Strisciante Musati», sempre sotto il comando di Cino Moscatelli, partecipa alla lotta contro le formazioni nazifasciste. In particolare nella primavera del 1945 tutte le formazioni partigiane della Valsesia attaccano contemporaneamente Varallo, Borgosesia, Romagnano e Fara. Giuseppe è presente a Romagnano di fronte ad un presidio della X MAS. Il combattimento inizia alle ore 5,00 del 15 marzo e termina alle 18,00 con la resa dei fascisti. È in questo periodo che conosce la sua compagna, Delfina Stefanuto, che svolgeva il compito di staffetta di collegamento tra le varie unità partigiane nella zona della Valsesia e in Val d’Ossola.

Dopo la Liberazione, nascoste, assieme ad altri compagni, gran parte delle armi utilizzate nel corso della Resistenza, si stabilisce a Gattinara e prosegue la sua attività all’interno del movimento anarchico. Nel luglio del 1948, all’indomani dell’attentato contro Palmiro Togliatti, occupa, assieme ad un gruppo di anarchici della zona, la fabbrica «Ceramica Pozzi» di Gattinara, scontrandosi, armi alla mano, con un reparto di carabinieri. Per evitare l’arresto, fugge in Francia dove vi rimane per circa 40 giorni. Calmatesi le acque, rientra in Italia, dove lavora come sarto e, parallelamente, svolge una certa attività di contrabbando nelle zone di frontiera con la Svizzera, subendo alcune condanne da parte delle autorità giudiziarie. Nel gennaio 1957, è arrestato in relazione alla rapina alla banca di Villanova Monferrato e, in seguito, viene condannato ad alcuni anni di reclusione. Uscito di galera, comincia ad interessarsi ed occuparsi, assieme alla sua compagna Delfina, dei compagni imprigionati, impegnandosi in un’intensa attività di solidarietà e svolgendo una vasta azione di controinformazione. Nel marzo del 1969, viene arrestato con l’accusa di aver organizzato ed istigato un attentato, compiuto da un gruppo di giovani anarchici, contro la questura di Vercelli. A Gattinara, dà vita, assieme a Delfina e ad altri compagni, al circolo anarchico Scribante e, in seguito, al giornale L’Agitatore, che si occupa soprattutto della questione carceraria. Il 17 settembre 1983, Giuseppe e Delfina vengono arrestati con l’accusa di «partecipazione a banda armata» e di aver «organizzato una vasta rete di collegamenti con l’eversione», in particolare con «Prima Linea, Autonomia Operaia e Azione Rivoluzionaria». Il giornale La Stampa del 21 settembre 1983 affermava che il gruppo di persone che faceva riferimento al Circolo Scribante di Gattinara «[…] avrebbe tenuto i contatti con gli aderenti di questi movimenti in carcere (ad esclusione dei pentiti), aiutandoli materialmente e sostenendoli sul piano morale, fornendo notizie ed informazioni ai latitanti, cercando di avvicinare altre persone per convertirle alla loro idea. I carabinieri, che hanno perquisito le loro abitazioni, non hanno trovato armi, ma solo materiale documentario. Gli inquirenti definiscono l’attività dei due coniugi una “catena di solidarietà”, con aderenze in altre zone della penisola. Giuseppe Ruzza (già coinvolto in una vicenda di contrabbando) era conosciuto anche all’estero per la sua attività a favore del movimento anarchico. […]». Rimasti in carcere fino al processo, che si tenne a Torino il 24 ottobre 1984, Giuseppe venne assolto «per mancanza di prove», mentre Delfina fu condannata a tre anni e sei mesi di detenzione, con la concessione degli arresti domiciliari. Giuseppe Ruzza e Delfina Stefanuto hanno instancabilmente proseguito la propria attività all’interno del movimento anarchico fino alla fine della loro vita. Delfina si è spenta a Gattinara il 15 aprile 2002, mentre Giuseppe ci ha lasciati il 2 gennaio 2003.


Vi rimandiamo sul nostra canale YouTube per vedere una vecchia intervista fatta al compagno Giuseppe Ruzza che potete vedere cliccando sulla sua immagine, oppure su:                      https://youtu.be/BAMgSWGl5eo